Bongiorno a Repubblica Palermo: “Attenti alla mafia ma non fermiamo edilizia e Pnrr”

sabato 12 febbraio 2022

«C'è una grande ipocrisia sui fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Si continua a ripetere che si tratta di un'occasione unica, dimenticando che la Sicilia da quasi 30 anni riceve miliardi di fondi europei. Ma le ultime nostre grandi opere sono quelle di quarant'anni fa realizzate con i soldi della Cassa per il Mezzogiorno. Anche sul Pnrr si tratta di spendere bene e di non finire come sempre vittime della burocrazia».

Il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno, mette in testa nella lista dei nemici della crescita la lentezza della pubblica amministrazione. Ma non solo.
C'è un forte allarme per le possibili infiltrazioni mafiose sui fondi del Pnrr ma anche su quelli del Superbonus edilizio. Lo condivide?
«La ministra Lamorgese lo ha detto subito e con chiarezza: la mafia gestisce risorse in maniera illecita. Purtroppo ha sempre tentato di farlo con gli appalti pubblici e i fondi europei. È chiaro che questa massa di 25 miliardi fra Pnrr e programmazione Ue fa gola ai clan e, ancora di più, il Superbonus, soprattutto con norme molto semplificate come la possibilità di cedere il credito d'imposta all’infinito. Ma come sempre non si deve bloccare tutto per paura che si infiltri la mafia. Invece con il Superbonus adesso si è tirato il freno a mano mentre la macchina dell'edilizia era in piena corsa con il rischio di farla ribaltare. Gli istituti vigilati come le banche potrebbero continuare a cedere il credito. Sennò si dà una mano alla mafia rendendo vulnerabili a usura o infiltrazioni le imprese in difficoltà».
C'è anche l'allarme degli amministratori del Nord, in testa sindaco di Milano e governatore lombardo, preoccupati che tutti i soldi finiscano al Sud...
«Ricorderei a Sala e Fontana che se si realizzano opere al Sud lavorano anche e soprattutto imprese del Nord. Il rischio, caso mai, è che molte somme finiscano al Nord dove le amministrazioni sono più efficienti. E in questo caso dovremmo essere noi del Sud a preoccuparci perché i due terzi dei 200 miliardi del Pnrr sono a debito, e questo lo pagheremo tutti gli italiani».
In Sicilia l'efficienza è un miraggio?
«La qualità della spesa è certificata da semplici indicatori. I 50 miliardi che ha speso la Regione in questi decenni hanno prodotto più occupazione? Hanno prodotto un maggiore gettito fiscale? Direi di no. La Puglia ha unificato in un'unica autorità di gestione tutta la programmazione comunitaria. Noi in Sicilia abbiamo 30 autorità che decidono come spendere, ogni assessorato regionale cura il suo orticello. E poi c'è il tappo della burocrazia».
La cita spesso come il peggiore dei mali.
«Basterebbe ricordare le 1.200 pratiche bloccate in Regione in attesa di pareri. Le tante aziende anche multinazionali che attendono da anni il via libera per potere investire in Sicilia e spesso se ne pentono. Il tempo non è una variabile indipendente. Un mio impiegato lavora il triplo di tempo sulla stessa pratica rispetto a un suo collega del Nord. Le perdite di tempo sono perdite economiche. Gli americani parlano di “Time to market”, un investimento non può aspettare i tempi della mala burocrazia».

Adesso c'è anche il costo dei materiali. Un altro tappo?
«La situazione è grave, in tre mesi il legno è aumentato del 100 per cento. Anche questa emergenza mi fa essere d'accordo con le parole del presidente Mario Draghi quando dice che la ricreazione è finita. Qui bisogna programmare a lunga scadenza, investire sui distretti e sulle filiere, sulla formazione professionale qualificata. Io ho partecipato a decine di incontri in Regione. Ascoltano noi imprenditori, i sindacati, i sindaci e poi continuano per la loro strada. Lo spettacolo della politica in questi giorni mi fa temere che mentre noi parliamo di Pnrr e futuro qui sia iniziata già una lunga campagna elettorale nella quale l'unico interesse comune è raccattare voti. Altro che finire una ricreazione che dura da anni».
 


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