GREGORY BONGIORNO “A RISCHIO LAVORO E INVESTIMENTI COSÌ LE MULTINAZIONALI SCAPPANO”

martedì 10 maggio 2022

Le sabbie mobili della Regione fanno paura agli investitori esteri. Il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno, toma a lanciare l’allarme burocrazia e avverte: «Per superare lo stallo, adesso servono scelte coraggiose».
Perché tutti questi progetti in attesa?
«Sono dati pubblici, facilmente riscontrabili dal sito dell'assessorato Territorio e Ambiente, ci sono procedure per la Via, procedure per il procedimento autorizzativo unico. E una questione annosa che si trascina da tempo. Oggi c’è più consapevolezza, forse oggi sarà la crisi o gli allarmi lanciati sulle pagine dei giornali. La misura è colma e magari si prenderanno provvedimenti».
Anche perché i tempi del pubblico sono inconciliabili con quelli del privato.
«Si rischia la perdita di posti di lavoro. Per le multinazionali che hanno intenzione di investire miliardi in Sicilia, la più grande preoccupazione sono le sabbie mobili in cui i progetti rischiano di restare impantanati. Parliamo di colossi, che in ogni Stato hanno un referente a cui viene assegnato il budget. Quando parliamo di fotovoltaico, parliamo soprattutto di Sicilia, un po’ di progetti riguardano la Puglia, altri la Sardegna. Ma se il manager italiano perde troppo tempo, la multinazionale destina quel budget al manager spagnolo...».
Il che si traduce in risorse e sviluppo in fumo per la Sicilia.
«Quando si passa dai 6 ai 9 mesi indicati dalle norme, fino a 3 o 4 anni per completare le autorizzazioni, non sono più tempi tollerabili per un mercato che si muove in fretta, le multinazionali se ne vanno».
E le aziende siciliane?
«I problemi sono gli stessi, spesso l’imprenditore siciliano si stanca e decide di non fare più l’investimento. Anche perché col tempo cambia anche la richiesta del mercato. Un esempio pratico: se decido di produrre mascherine per la pandemia e l'autorizzazione arriva ad emergenza finita, sarà venuta meno anche la ragione per cui puntavo a quell'investimento. O se la mia azienda decide di presentare un progetto per accedere al 50 per cento di tondi pubblici e passano anni, nel frattempo è finito il bando e ho perso i soldi».
Eppure avete lanciato decine di appelli.
«Purtroppo non sono serviti. L’unica cosa che è riuscita a fare la Regione è stato raddoppiare i componenti della commissione tecnico scientifica, ma qui non si tratta di far diventare la Cts il San Sebastiano a cui tirare le frecce, è l'intera macchina che arranca».
In che modo la politica dovrebbe intervenire sulla burocrazia?
«Deve decidere cosa fare, decidere di avviare le assunzioni, formare il nuovo personale, di rivolgersi a soggetti terzi che possano fornire le competenze. Sappiamo bene che c’è il problema della mancanza di personale, ma non possiamo pensare che poche decine di assunzioni possano cambiare le sorti di una Regione con cinque milioni di abitanti».
Vi aspettate che da qui a fine legislatura cambi qualcosa?
«Purtroppo non credo».
Cosa chiedete al prossimo governo?
«Che metta come primo obiettivo nell'agenda lo snellimento delle procedure burocratiche, sono il vero collo di bottiglia e riguardano anche la pubblica amministrazione, i progetti che gli enti locali vogliono realizzare coi fondi Ue. Parlando con gli esponenti del governo, tutti hanno ben chiaro che ci sono problemi e vorrebbero superarli. Siamo a ridosso della campagna elettorale, il taglio del nastro, l'opera completata, fa piacere ad ogni politico. Il problema è che non riescono a risolverlo. Per risolverlo servono scelte politiche importanti e decisive».
 


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