«Le imprese stanno rallentando, sta tornando lo stesso clima di paura dell'inizio pandemia. Gli imprenditori stanno rimandando gli investimenti e le persone stanno riducendo i consumi. Ma in Sicilia dovevamo ancora recuperare terreno dopo la grande crisi del 2008». Il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno, evoca lo spettro di una recessione che in Sicilia potrebbe avere effetti pesanti.
La guerra si complica, i prezzi continuano a crescere. Le imprese siciliane rischiano?
«C'è già un 16 per cento di aziende che ha rallentato il ritmo di produzione, in primo luogo quelle energivore: metallurgia, gessi, carta e poi il settore dell'agroindustria. Stimiamo che fra tre mesi possano salire al 30 per cento e al 46 per cento in sei mesi. Il 57 per cento ha problemi di logistica dovuto al caro carburanti. Una percentuale in leggera discesa dopo gli sgravi varati dal governo. Ma si sta innescando un fenomeno di inflazione e recessione pericoloso. Anche nel settore turistico ci sono incognite».
Confermate il rischio di 20 milioni di ore di cassa integrazione?
«In molti settori i costi di produzione sono superiori ai ricavi, l'alternativa è fra la cassa integrazione e la chiusura. Ma anche in questo caso deve intervenire il governo come per la crisi Covid. Qui in Sicilia c'è un rischio maggiore, si stanno fermando anche gli appalti pubblici. Le gare per le nuove opere ritardano perché si devono adeguare i costi, ma anche negli appalti già affidati le aziende vincitrici non vogliono iniziare i lavori perché i prezzi non sono più congrui».
Qualche settimana fa avete chiesto al governo Musumeci un miliardo di euro per abbattere il costo del lavoro, la cosiddetta decontribuzione: che notizie avete?
«Nessuna notizia, la Finanziaria è ancora in alto mare e siamo ad aprile. C’è già un clima elettorale e una grande litigiosità tra le forze politiche che non giova in un momento così delicato. La politica è distratta. Certo, in sei mesi non ci possiamo aspettare dalla Regione le grandi riforme che non ha fatto finora, ma almeno un documento finanziario non elettorale che aiuti concretamente imprese e cittadini. Perché a giugno scadrà anche la decontribuzione del 30 per cento per le imprese del Sud. Lo scenario si potrebbe fare drammatico».
Le imprese tornano in affanno?
«Abbiamo segnali preoccupanti di difficoltà crescenti nel pagare rate e mutui, soprattutto da parte delle piccole aziende e delle microimprese a conduzione familiare. Secondo i dati più recenti di Bankitalia, i prestiti bancari alle imprese siciliane frenano: tra giugno e dicembre il totale si è ridotto di 600 milioni di euro. Il tasso di crescita dei prestiti si è dimezzato».
Rischiano anche i settori che erano più in ripresa?
«Stanno avendo contraccolpi anche agricoltura di qualità, vitivinicoltura e turismo. Dopo la pandemia contavamo di recuperare quei 10 punti di prodotto interno lordo persi dal 2008. Ma si sta fermando nuovamente tutto. I consumi durante il Covid erano crollati di oltre il 10 per cento, la stima di crescita per quest'anno è di appena l’1,7 per cento, ma la guerra in Ucraina potrebbe cancellare anche questo».